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La conversazione, lieve ma non banale, si disimpegnò fra la crema d’ortica con flan di formaggio d’alpeggio, i canederli di luccio e patate con limone e melissa, l’insalata di rape rosse chioggiotte mela calendula mais e partenio, il gelato di frutta della sperimentata gelateria non lontana da casa. Da bere, Traminer o Schiava. E per meditare, a scelta, una grappa piemontese da collezione o un passito siciliano da urlo. Il lato positivo di un luglio temporalesco. Il mondo, da lì, ruminò Melis, sembrava più che vivibile, quasi normale. Un accogliente residuo di civiltà.
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Sì, era distratto. Qualcosa gli occupava la mente. Fiorenza si servì per la seconda volta dell’insalata di code di gambero, arance, finocchio e mais. Lui fu pronto nel versarle due dita di Falanghina.
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Avvolta in un’ampia tunica in cheviot panna a righe salvia e cannella, Letizia lavorava la farina, modellandola nelle polpettine previste dalla tradizione, tante quanti gli anni di Nostro Signore; Fiorenza, in un patchwork che svasava sino alle caviglie, mondava le bietoline; fuori, in giardino, Lacoste a maniche lunghe rossa e pantaloni bianchi, Franco era immerso nella lettura di un testo sulla Grande Armée; fedele ai jeans azzurri e alla camicia blu doppia tasca a nido d’ape, Norberto era tornato: su una sdraio a bordo piscina leggeva i documenti sulla morte di Alberto Picasso, Kim addormentato ai suoi piedi.
Rosolate le bietole per dieci minuti con cipolla e aglio, Fiorenza le versò in un’ampia terrina mescolandole con due uova, parmigiano grattugiato e trito di maggiorana, mettendo a bollire altre sei uova; Letizia sgocciolò bene la prescinseua, mescolandola poi con due cucchiai di farina, due cucchiai di olio, poco formaggio grattugiato, quel tanto di sale e pepe. Franco era immerso nella lettura del testo sulla Grande Armée; Norberto leggeva i documenti sulla morte di Alberto Picasso. Kim dormiva ai suoi piedi.
Letizia lavorò la base della torta spianando con il matterello tredici polpette dell’impasto, le più sottili possibile, assottigliandole ancor di più con le mani a pugno, unte d’olio, fino a renderle quasi trasparenti. Fiorenza unse appena il fondo della teglia e vi stese una sull’altra le tredici sfoglie spennellandole ciascuna con olio, tranne l’ultima. Franco era immerso nella lettura del testo sulla Grande Armée; Norberto leggeva i documenti passatigli da Franco. Kim annusava il terreno lungo il vialetto di mandarini cinesi.
Fiorenza posò sulla base di pasta le bietole ricoperte con la quagliata e con un cucchiaio fece sei incavi dove adagiò le uova sode, leggermente salate. Stese allo stesso modo leventi residue polpette di impasto, Letizia le posò sopra il ripieno, unte da entrambi i lati: Fiorenza cercò di tener staccati i veli gli uni dagli altri soffiando aria con una cannuccia, poi, fatti combaciare i bordi ben aderenti, li arrotolarono a formare una treccia, spennellarono d’olio la superficie e infornarono. In forno già caldo, ovviamente. Franco era immerso nella lettura del testo sulla Grande Armée; Norberto non leggeva più i documenti sulla morte di Alberto Picasso, giocava con Kim facendo ben attenzione a non avvicinarsi troppo alla piscina.
«La discussione è stata franca e cordiale» annunciò Fiorenza raggiungendoli in giardino: «Noce moscata sì, noce moscata no? Due foglie due di cicoria amara?»
«La padrona di casa ha detto no a entrambe le proposte» decretò Letizia. «Invece sul pecorino stagionato al posto del parmigiano sarei disposta a provare, una volta: in fondo hai ragione tu, è filologicamente più in linea col territorio».
«Sino a trent’anni fa nelle valli alpine si usava l’olio di noci soltanto perché quello d’oliva era un lusso impossibile» osservò Melis, mentre Kim trottava scodinzolando verso Fiorenza, «E tu, Franco, cosa hai imparato, sulla Grande Armée?»
«Tu, piuttosto! Perché hai smesso di consultare quei documenti?»
«Perché credo di sapere cosa successe, qui, quelle due notti».
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Sul tavolino di ferro smaltato bianco, una boccia di Sangria, una bottiglia di gin, una di acqua tonica. Un piattino con fettine di limone. Focaccia a quadratini. Olive taggiasche. E, nell’aria, una tensione repressa.
Hans Tuzzi
La notte, di là dai vetri.
Ed. Bollati Boringhieri, 2019