Le cartellate… il solo pensiero mi riempe il cuore di nostalgia. Nostalgia dei tempi passati, nostalgia di feste chiassose, nostalgia di tradizioni ancestrali e soprattutto nostalgia di mani laboriose che mi hanno insegnato e fatto amare il pasticciare in cucina.
Il più grande rimpianto è non aver annotato minuziosamente le ricette di famiglia, di cui adesso sarei stata più che gelosa. Ma la giovane età ti fa sempre pensare che le persone care non andranno mai via, certezza spazzata via in un soffio, quando si diventa grandi.
Ma, buttiamo alle spalle la malinconia e riportiamo alla memoria ricordi felici.
Sono giorni e giorni che nutro fortemente il desiderio di fare le cartellate. Ma non le semplici cartellate, le cui ricette abbondano in rete, ma quelle originali, come le faceva mia zia. Zia Chico, maestra unica e inimitabile nella produzione di cartellate e porcedduzzi durante il periodo natalizio. Produttrice di questa natalizia leccornia, in quantità industriali, in modo che tutta la numerosa famiglia potesse averne un pò. Zia adorabile con cui si poteva pasticciare, impastare, assaggiare e infarinare il mondo intero.
Il bello delle cartellate non è solo il risultato, cioè la dorata e fragrante cartellata cosparsa di miele da assaporare (o spizzicare per non farsi venire i sensi di colpa), ma il bello era farle tutti insieme. La grande famiglia che si ritrovava e creava, intorno al profumato impasto, una amorevole catena di montaggio fatta da grandi e piccini. Tutti intenti a spianare, tagliare, pizzicare e arrotolare le dorate striscioline di pasta profumata.
Ma per far tutto questo, anche oggi, ci sarebbe bisogno di qualcuno che crei quell’armonia. Qualcuno che diriga quella sinfonia unica, capace di unire cuori, mani e pancia. Zia Chico era questo: il direttore di un’orchestra meravigliosa e unica!
Sarà la pandemia, sarà il desiderio di ritrovare un pò di spensieratezza di quella infanzia ormai lontana e di farla provare ai miei figli, che in questi giorni con sforzi di memoria e consultazioni familiari, sto cercando di ricostruire la ricetta di famiglia delle cartellate. Le cartellate di zia Chico!
Tra gli ingredienti certi ci sono farina 00, uova ( chi dice intere chi dice solo tuorli), olio extravergine d’oliva 4 o 5 cucchiai, 1 cucchiaio di zucchero, vino bianco per impastare ed… un gesto quasi furtivo di un ingrediente speciale, che legava indissolubilmente tra loro tutti gli ingredienti, e regalava all’impasto quel profumo indimenticabile. Ricordo passaggi veloci… un bicchierino di quelli da rosolio, che come un fulmine passava sull’impasto e velocemente spariva…vuoto. Limoncello, brandy… non so! La tenera età mi faceva sorvolare su cose che, col senno di poi, sarebbero state indispensabili da conoscere come, ad esempio, annotare semplicemente ingredienti e quantità.
E poi, mani forti ed esperte che lavoravano con estrema perizia l’impasto profumato, da cui, furtivamente, noi piccoli aiutanti, pizzicavamo via piccoli quantitativi per vedere se fosse buono.
La giusta consistenza, all’epoca in cui non esistevano impastatrici elettriche, era dettata dall’esperienza.
Quando l’impasto era pronto, zia ci mostrava il risultato con soddisfazione ed orgoglio. Il risultato era un impasto dorato, elastico e profumato, ma soprattutto caldo, del suo calore. Si, caldo del calore delle sue mani, sicuramente quello sarà stata l’ingrediente segreto, che le rendeva così buone.
La tecnologia ci è sicuramente venuta incontro e in tutte le nostre ricette ottimizziamo tempi, lavoro e fatica, ma abbiamo perso sicuramente il calore e il colore di tutto quello che era una ricetta fatta con la famiglia. Vabbè, la nostalgia gioca brutti scherzi!
Sicuramente zia Chico avrebbe esultato di gioia, se avesse posseduto una delle nostre moderne impastatrici, visto che comunque noi tutti eravamo solo e sempre spettatori e lei, la sola che impastava. Ma lei era la nostra maestra e anche se altri impastavano, la strigliata finale era la sua. Doveva vedere se l’impasto era stato lavorato al punto giusto. In caso contrario con solerte maestria, correggeva, aggiustava e riponeva.
Si, perché l’altro passaggio importante, era mettere l’impasto a riposare, perché doveva maturare. Nè troppo nè troppo poco. Il tempo necessario a smontare tutto quello che avevamo messo in mezzo per impastare e sostituirlo con tutto ciò che era necessario per fare le cartellate. La famosa macchinetta per la sfoglia, quella famosa a manovella veniva saldamente ancorata al tavolo della cucina o sul piano della cucina stessa. Altro materiale necessario le rotelle dentellate con cui fare le strisce di impasto e le tovaglie pulite poste su tutti i mobili, su cui riporre, una volta terminate, le profumate rose fatte di impasto sottilissimo.
C’era chi stendeva la sfoglia, chi tagliava le strisce e chi formava le cartellate. Movimenti rapidi, precisi e veloci. L’impasto era talmente sottile che bisognava avere una manualità da chirurgo, per compiere questa operazione delicata, nel più breve tempo possibile. Infatti, le cartellate dovevano essere fatte velocemente, altrimenti l’impasto, sottilissimo e impalpabile, si asciugava e non si riusciva più ad attaccare. Se le cartellate non venivano pizzicate per bene, in modo tale che i lembi opposti si fondessero tra loro, durante la frittura si sarebbero tutte aperte.
Sorrido ancora al solo pensiero delle dita doloranti alla fine di tutta l’operazione. Quel pizzicare velocemente lembi di pasta, sottoponeva pollici e indici a uno sforzo che, lì per lì, durante il lavoro non si avvertiva, ma che era riconoscibilissimo nelle ore successive.
L’acido lattico… e poi si accusa ingiustamente chi sta in cucina di non fare movimento! 🙂
Terminata l’operazione di preparazione e assemblamento, si passava alla terza fase, la frittura. Anche questa operazione, delicatissima, era fatta esclusivamente dai grandi, perché il difficile non era la frittura in sé, ma riuscire a far cuocere le cartellate senza bruciarle. Ricordo con infinito amore l’orgoglio di zia quando mi mostrava il suo capolavoro dicendomi: guarda come sono bianche! Era un vanto riuscire in quell’operazione veloce: pochi secondi di frittura in cui ti giocavi tutta la buona riuscita della ricetta.
Frittura in olio di oliva, veloce… giusto il tempo di far aprire l’impasto e poi via nel piatto a scolare l’olio in eccesso.
Miele caldo già pronto nel pentolino, perchè doveva scendere a filo! Ed ecco il rito dell’assaggio, per vedere se erano venute bene. Il risultato era garantito!
La quantità lavorata era utile a che tutti tornassero a casa con il dolce bottino natalizio.
Ciao Zia! Buon Natale!